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resoconto riunione del 30/11
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resoconto riunione del 30/11
L’assemblea del 30 novembre è stata un’assemblea tematica su ambiente e beni comuni.
La prima cosa importante da sottolineare è che è stata un’assemblea organizzata insieme alle Officine Corsare, che stanno portando avanti un percorso di lavoro molto interessante sui beni comuni. L’incontro con i Corsari su questi temi è stato molto interessante e produttivo!
Sono intervenuti Flavia Bianchi, architetto urbanista e membro della segreteria di Legambiente, Vanda Bonardo, presidentessa di Legambiente, e Ugo Mattei, docente dell’Università di Torino e Università della California; ne è seguito un dibattito molto intenso.
Di seguito una sintesi delle questioni emerse.
La prima questione è quella del rapporto tra ambiente e lavoro: se fino a 20-30 anni fa erano in conflitto, oggi non è più cosi, dal momento che l’ambiente stesso sta diventando occasione di lavoro. Questo processo non è però completo e dovrebbe risolversi in uno slancio decisivo della “green economy”, ovvero di un sistema di produzione e consumo che coniughi ambiente e lavoro intorno alle energie rinnovabili, al risparmio energetico e a un uso sostenibile del territorio. Questo non avviene perché esistono delle forti rendite, che bloccano i cambiamenti, anche laddove sarebbero convenienti. Quale deve essere il ruolo del pubblico? Quello di guidare il cambiamento e di spingere gli attori, dove necessario, attraverso un sistema di incentivi e disincentivi. Il pubblico deve anche promuovere processi di pianificazione partecipata; il secondo versante, infatti, del cambiamento è quello “dal basso”, ovvero legato ai cambiamenti di comportamento e alla partecipazione delle persone, che promuovano nuovi modelli di lavoro e consumo che permettano di sfruttare le potenzialità che oggi abbiamo (per esempio le possibilità produttive date dalla tecnologia, in termini di soddisfazione di fabbisogni).
La seconda questione è quella del rapporto tra ambiente, dinamiche sociali e organizzazione del territorio: la prima caratteristica di un insediamento è quella di consumare territorio, che è scarso e non riproducibile; inoltre, gli effetti che un insediamento produce non sono mai puntuali e limitati a un’area. Sono questi elementi che rendono le scelte relative all’urbanistica scelte particolarmente delicate. Queste scelte sono scelte della politica. Ad esempio, oggi esiste un movimento di persone che si spostano a vivere fuori dal centro, ma che continuano a lavorare in centro alle città: questo flusso non è socialmente neutro, perché sono le fasce più deboli che si stanno spostando. Nuove zone abitate significa nuovo bisogno di servizi: sono ancora troppo scarse le considerazioni in termini di adeguatezza dei servizi pubblici che vengono forniti. Anche il fabbisogno dipende dalle politiche: la costruzione di abitazioni oggi in corso è per coloro che comprano la seconda casa come bene di investimento, non per chi la casa ancora non ce l’ha.
Il terzo tema è quello dei beni comuni. Cosa sono i beni comuni? Sono ciò che non è né Stato, né mercato e che non è tutelato da nessuno dei due. Ugo Mattei parte proprio dal caso dell’Università, che ha visto il giorno stesso della nostra assemblea la votazione della “riforma Gelmini”: si è trattato di un vero e proprio caso di espropriazione di un bene comune. Questo caso ha dimostrato il grande distacco tra le sedi decisionali e la tutela del bene comune: Stato e mercato non sono più portatori di interessi contrapposti, ma si articolano invece entrambi intorno al principio di autorità, alla concentrazione del potere e all’esclusione. Il diritto stesso si è articolato intorno alla tutela della proprietà privata ed è inadeguato di fronte al bisogno di garantire i beni comuni. Privatizzare i beni comuni, infatti, significa sottoporli al regime di proprietà privata, che prevede il diritto di indennizzo, a prezzi di mercato, in caso di espropriazione. Mattei, quindi, identifica il “comune” come contrapposto a stato e mercato: il primo, quindi, necessita di strumenti specifici di gestione, che devono essere condivisione del potere e democrazia partecipativa.
Su questi tre temi, si è articolato una bella discussione principalmente intorno a: lavoro e beni comuni (la riduzione dell’orario di lavoro deve essere un obiettivo); come lo Stato è stato “catturato” dagli interessi del privato; valore della produzione e ambiente: le conseguenze ambientali dovrebbero influire sul valore di quello che si produce; pianificazione partecipata, ad esempio per sviluppare lavoro attraverso il risparmio energetico; importanza di scelte anche non guidate dall’efficienza nella produzione.
Come è nostra ormai consolidata prassi, da questa plenaria parte l’elaborazione di un gruppo di lavoro. Non è stato ancora identificato un responsabile e un calendario di attività, ma chi fosse interessato, per ora contatti me: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link].
Sul tema beni comuni, vi incoraggiamo anche a seguire le attività delle Officine Corsare, che stanno sviluppando un filone di lavoro articolato e interessante in materia.
Cecilia
La prima cosa importante da sottolineare è che è stata un’assemblea organizzata insieme alle Officine Corsare, che stanno portando avanti un percorso di lavoro molto interessante sui beni comuni. L’incontro con i Corsari su questi temi è stato molto interessante e produttivo!
Sono intervenuti Flavia Bianchi, architetto urbanista e membro della segreteria di Legambiente, Vanda Bonardo, presidentessa di Legambiente, e Ugo Mattei, docente dell’Università di Torino e Università della California; ne è seguito un dibattito molto intenso.
Di seguito una sintesi delle questioni emerse.
La prima questione è quella del rapporto tra ambiente e lavoro: se fino a 20-30 anni fa erano in conflitto, oggi non è più cosi, dal momento che l’ambiente stesso sta diventando occasione di lavoro. Questo processo non è però completo e dovrebbe risolversi in uno slancio decisivo della “green economy”, ovvero di un sistema di produzione e consumo che coniughi ambiente e lavoro intorno alle energie rinnovabili, al risparmio energetico e a un uso sostenibile del territorio. Questo non avviene perché esistono delle forti rendite, che bloccano i cambiamenti, anche laddove sarebbero convenienti. Quale deve essere il ruolo del pubblico? Quello di guidare il cambiamento e di spingere gli attori, dove necessario, attraverso un sistema di incentivi e disincentivi. Il pubblico deve anche promuovere processi di pianificazione partecipata; il secondo versante, infatti, del cambiamento è quello “dal basso”, ovvero legato ai cambiamenti di comportamento e alla partecipazione delle persone, che promuovano nuovi modelli di lavoro e consumo che permettano di sfruttare le potenzialità che oggi abbiamo (per esempio le possibilità produttive date dalla tecnologia, in termini di soddisfazione di fabbisogni).
La seconda questione è quella del rapporto tra ambiente, dinamiche sociali e organizzazione del territorio: la prima caratteristica di un insediamento è quella di consumare territorio, che è scarso e non riproducibile; inoltre, gli effetti che un insediamento produce non sono mai puntuali e limitati a un’area. Sono questi elementi che rendono le scelte relative all’urbanistica scelte particolarmente delicate. Queste scelte sono scelte della politica. Ad esempio, oggi esiste un movimento di persone che si spostano a vivere fuori dal centro, ma che continuano a lavorare in centro alle città: questo flusso non è socialmente neutro, perché sono le fasce più deboli che si stanno spostando. Nuove zone abitate significa nuovo bisogno di servizi: sono ancora troppo scarse le considerazioni in termini di adeguatezza dei servizi pubblici che vengono forniti. Anche il fabbisogno dipende dalle politiche: la costruzione di abitazioni oggi in corso è per coloro che comprano la seconda casa come bene di investimento, non per chi la casa ancora non ce l’ha.
Il terzo tema è quello dei beni comuni. Cosa sono i beni comuni? Sono ciò che non è né Stato, né mercato e che non è tutelato da nessuno dei due. Ugo Mattei parte proprio dal caso dell’Università, che ha visto il giorno stesso della nostra assemblea la votazione della “riforma Gelmini”: si è trattato di un vero e proprio caso di espropriazione di un bene comune. Questo caso ha dimostrato il grande distacco tra le sedi decisionali e la tutela del bene comune: Stato e mercato non sono più portatori di interessi contrapposti, ma si articolano invece entrambi intorno al principio di autorità, alla concentrazione del potere e all’esclusione. Il diritto stesso si è articolato intorno alla tutela della proprietà privata ed è inadeguato di fronte al bisogno di garantire i beni comuni. Privatizzare i beni comuni, infatti, significa sottoporli al regime di proprietà privata, che prevede il diritto di indennizzo, a prezzi di mercato, in caso di espropriazione. Mattei, quindi, identifica il “comune” come contrapposto a stato e mercato: il primo, quindi, necessita di strumenti specifici di gestione, che devono essere condivisione del potere e democrazia partecipativa.
Su questi tre temi, si è articolato una bella discussione principalmente intorno a: lavoro e beni comuni (la riduzione dell’orario di lavoro deve essere un obiettivo); come lo Stato è stato “catturato” dagli interessi del privato; valore della produzione e ambiente: le conseguenze ambientali dovrebbero influire sul valore di quello che si produce; pianificazione partecipata, ad esempio per sviluppare lavoro attraverso il risparmio energetico; importanza di scelte anche non guidate dall’efficienza nella produzione.
Come è nostra ormai consolidata prassi, da questa plenaria parte l’elaborazione di un gruppo di lavoro. Non è stato ancora identificato un responsabile e un calendario di attività, ma chi fosse interessato, per ora contatti me: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link].
Sul tema beni comuni, vi incoraggiamo anche a seguire le attività delle Officine Corsare, che stanno sviluppando un filone di lavoro articolato e interessante in materia.
Cecilia
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